3 Febbraio 2022 – I cambiamenti climatici rappresentano una minaccia non solo su terraferma ma anche in mare. Tra le conseguenze ce n’è una alla quale non si pensa spesso ma che se non si corre ai ripari per tempo potrebbe provocare qualche criticità tra i paesi: e cioè la migrazione delle specie marine dovuta al riscaldamento degli oceani.
Riportando uno studio pubblicato su Global Change Biology, autorevole rivista scientifica internazionale, si evince infatti che entro il 2100 gli effetti dei cambiamenti climatici porteranno quasi la metà dei pesci che ora nuotano in una o più zone economiche esclusive, a migrare dai propri habitat storici. Alcuni paesi quindi, si vedrebbero privare significativamente di alcune quote di questa preziosa risorsa.
Pertanto la maggior parte degli accordi per la gestione della pesca, stipulati decenni fa, con regole valide per una situazione ben diversa da quella attuale, potrebbero non risultare più adeguati rischiando di alimentare tensioni nell’ambito delle politiche internazionali che regolano la pesca.
Non c’è tempo da perdere: già entro il 2030, se non si farà nulla per ridurre le emissioni inquinanti di gas serra, il 23% di queste risorse ittiche non vivrà più nel proprio habitat storico. Entro il 2100 queste percentuali saliranno, con una migrazione prevista pari al 45% delle risorse.